Sono gravissime le accuse che l’Agcm ha mosso nei confronti di sei compagnie petrolifere, che avrebbero agito in maniera uniforme per difendere i propri interessi.
Avrebbero fatto un cartello, ovvero un accordo illecito per gonfiare i costi della componente bio dei carburanti. È questa la pesantissima accusa che l’Antitrust italiana ha mosso nei confronti di sei grandi compagnie petrolifere.
Le aziende sono state multate per complessivi 936 milioni di euro. Nell’inchiesta dell’Autorità garante della concorrenza del mercato (Agcm o Antitrust appunto) sono finite le italiane Eni, Ip e Saras, la statunitense Esso, la svizzera Tamoil e la kuwaitiana Q8. Come si sarebbe delineato il cartello? Stando alle indagini dell’Antitrust le compagnie avrebbero attuato aumenti di prezzo nei medesimi momenti grazie a scambi di informazioni diretti o indiretti.
“Il cartello – si legge in una nota diffusa dall’Autorità presieduta da Roberto Rustichelli – è stato facilitato dalla comunicazione del valore puntuale della componente bio in numerosi articoli pubblicati su ‘Staffetta Quotidiana’, noto quotidiano di settore, grazie anche alle informazioni inviate direttamente da Eni al giornale”.
Nella bufera è quindi finita la quota bio, ma di cosa si tratta? Secondo la legge italiana ogni litro di benzina o diesel venduto deve avere al suo interno una componente di biocarburante. Parliamo di bioetanolo, biodiesel o simili il cui inserimento ha lo scopo di ridurre l’impatto ambientale. È un costo aggiuntivo che le compagnie petrolifere devono sostenere, ognuna a suo modo.
Per l’Antitrust, invece, le sei aziende avrebbero scambiato tra loro informazioni in maniera tale da alzare i prezzi in maniera uniforme e parallela. Non è solo una manovra finanziaria. La strategia avrebbe trasformato il costo variabile in un sovrapprezzo pagato sempre e solo dagli automobilisti. Ovunque avrebbero deciso di fermarsi per fare carburante, la componente bio era allo stesso prezzo. Da considerare, inoltre, che il prezzo della quota è triplicato in appena quattro anni, dal 2019 al 2023, passando da da 20 a 60 euro al metro cubo.
Ecco le multe nel dettaglio: Eni, 336 milioni; Esso, 129 milioni; Ip, 163 milioni; Q8, 172 milioni; Saras, 43 milioni; Tamoil, 91 milioni. Sospetti sono gravati anche sulle compagnie Iplom e Repsol, escluse dal provvedimento per mancanza di prove. L’istruttoria è stata avviata dopo la denuncia di un cosiddetto whistleblower. Eni, in particolare, ha negato ogni addebito ed ha ritenuto artificiosa la ricostruzione dell’Antitrust.
Secondo la compagnia italiana le informazioni di cui parla l’Autorità erano già pubbliche e, soprattutto, non erano in grado di alterare la concorrenza. Eni ha quindi specificato di aver agito sempre in autonomia, senza formare alcun cartello, ed ha annunciato ricorso al Consiglio di Stato.
Il logo di Giorgio Armani, uno dei più iconici nella storia della moda a livello…
Questo è oggi uno dei bonsai più belli: secondo la tradizione giapponese c'è un motivo…
Un rapporto di questo tipo con un genitore può portare a sviluppare determinate dinamiche da…
La Carta dedicata a te, o più comunemente carta spesa da 500 euro, rappresenta uno…
La pulizia del WC è una delle sfide casalinghe più difficili da affrontare: il rimedio…
Ecco qui un consiglio pratico per la pulizia efficace dei tappetini dell'auto. Quale detergente usare…